Inizio il racconto dal giorno precedente: è il matrimonio di Simone e Valentina. I LedGem sono stati chiamati a suonare per l’occasione e, come altre volte, Giulia ha accompagnato Eva. Purtroppo il tempo non è propizio alla musica e all’esterno nonostante i gazebo riscaldati per il taglio della torta non c’è verso di montare gli strumenti per il diluvio che imperversa.
Il bello di un gruppo come i LedGem è che non ti chiede il permesso per suonare e quindi con le varie percussioni di Ressel e una chitarra viene imbastita tra i tavoli una sessione acustica che gli invitati apprezzano certamente.
Giulia è al tavolo con noi e non sta certo solo ad ascoltare.
Il matrimonio finisce e ci lasciamo con un po’ di amarezza per la mancata esibizione da “Big Band” quale siamo. Già dalla sera non riusciamo ad accettare questa occasione persa e viene accennato di un compleanno a Stia per la fidanzata di allora di Ressel, si rimane con un “ci sentiamo domani”.
Il giorno dopo mi ricordo che ero inquieto mi era rimasta la voglia di suonare insieme ai miei amici, comincia una serie di telefonate a tutti per sentire se il concerto di riserva si faceva. Mi ricordo che nel pomeriggio qualcuno dei musicisti era già venuto a casa mia: era il periodo della vita in cui essere un gruppo poteva essere molto più totalizzante in termini di rapporti.
Purtroppo telefonando a Eva mi dice che non è il caso, che non ce la fanno, in effetti, se ci penso ora, andare fino a Stia in 3-4 macchine per suonare dopocena ad un compleanno… Sono proprio sconsolato perchè un finesettimana musicale rischia di ridursi solo ad una mia inquietudine, ma è allora che c’è una sopresa: Eva mi chiama e mi dice “Allora veniamo”. Ovviamente si riferisce a lei e Giulia, mi piace pensare che abbiano discusso tutto quel tempo per capire se era davvero una cosa da fare o no.
Ci troviamo sotto casa mia, come altre volte, con tutte le macchine cariche: batteria di Eva, percussioni, “frigorifero” (un’ampli da basso moooolto trasportabile), impianto, chitarre, tastiere, aste e microfoni. Ci facciamo quasi 2 ore di strada e arriviamo a destinazione, montiamo con entusiasmo nel cortile della casa colonica, all’aperto. Mentre Eva monta la batteria si rende conto che si è dimenticata i piatti è mortificata e mi dice “Giulia si arrabbierà sicuramente, lei ci tiene a queste cose!”. Montammo un cembalo sulle meccaniche del charleston e quello era tutta la dotazione di “piatti” che potevamo avere, Eva suonò benissimo lo stesso, tutti suonammo benissimo, era la nostra occasione di suonare ripresa con prepotenza. Il pubblico di sconosciuti che ci ascoltava era soddisfatto e terminato il tutto abbiamo smontato e siamo entrati in casa per raccoglierci tra poltrone divani e camino.
Non ricordo nemmeno come ci siamo salutati, se siamo andati via tutti insieme o “alla spicciolata”, sta di fatto che dopo altre 2 ore di macchina ero a casa a Peretola finalmente senza inquietudine, ma con la classica soddisfazione post-musicale: quella di aver condiviso con il cuore, con l’empatia, con la passione una bella scaletta di pezzi. Assoli, cori, stacchi azzeccati, sguardi di intesa.
Solo a posteriori abbiamo tutti realizzato come quella occasione di suonare si fosse trasformata da “intrattenimento per una festa di compleanno” a oppurtunità, occasione: occasione di stare insieme e fare quello che ci piaceva di più tutti insieme per l’ultima volta. Grazie Eva e Giulia per aver detto quel “Allora veniamo”, grazie alla mia “probabile” insistenza con Eva.
Quella sera, come la sera dell’8 dicembre, resteranno sempre nel mio cuore, poter dire “io c’ero”: ho osservato e partecipato ad un momento di amore materializzato in fantastiche canzoni. Sì ne sono testimone, l’amore quando c’è si vede e si percepisce ed è veramente contagioso.
Vi voglio bene,
Davide
Datemi il numero della Paolicchi, Cristo.